Pro Loco di Lula



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Elenco Pro Loco Prov. di Nuoro

Il paese



Lula (Lùvula o Lùgula in sardo) è un comune italiano di 1 425 abitanti della provincia di Nuoro, situato a 521 metri sul livello del mare.

Situato storicamente nel territorio Barbaricino, fino a qualche anno fa costituì la X Comunità Montana con le "Baronie".

La zona presenta alcuni villaggi nuragici. Il suo nome, tradizionalmente fatto risalire ad una denominazione latina (Julia) frequente per gli insediamenti romani, secondo alcuni studi significherebbe invece: Sacro al Dio dei boschi. Fu certamente abitata dai romani: lo testimoniano le miniere di "Argentaria" , "Guzurra" e "Sos Enathos", attive fino ad un decennio fa. È meta di numerosi pellegrinaggi verso il santuario campestre di San Francesco, famoso in tutta l'isola. Numerose le citazioni da parte del premio Nobel Grazia Deledda nella sua produzione letteraria.

Lula ha un passato minerario, legato allo sfruttamento delle miniere di Sos Enathos, S'Arghentaria e Guzzurra, ora inserite all'interno dei percorsi del Parco Geominerario della Sardegna. A Lula si ebbe uno dei primi scioperi dei minatori, contro la società mineraria Jacob, il 16 aprile 1899.

Prossimo a Lula è il Mont'Albo, recentemente dichiarato dall'Unione europea SIC (Sito di Interesse Comunitario): esso ospita numerosi endemismi animali e vegetali.

Tra le tradizioni locali, meritano menzione "su ballu e sa vaglia", una sorta di rito per vanificare il potere malefico del malocchio, e la maschera de su Batiledhu, protagonista del carnevale di Lula (la vittima). È vestito di pelli di pecora o montone, ha il volto sporco di fuliggine e di sangue e la testa coperta da un fazzoletto nero femminile, porta un copricapo con corna caprine, bovine o di cervo, tra le quali è sistemato uno stomaco di capra ("sa 'entre ortata"). Sul petto porta i "marrazzos" (campanacci), sulla pancia, seminascosto dai campanacci, porta "su chentu puzone", uno stomaco di bue pieno di sangue e acqua, che ogni tanto viene bucato per bagnare la terra e fertilizzare i campi. Riguardo all'origine della maschera, molte teorie riportano ai riti dionisiaci, con la rappresentazione della passione e morte del dio, e più in generale ai riti agrari arcaici di fecondazione della terra con il sangue. La maschera del Batiledhu, abbandonata nella prima metà del Novecento, forse a causa della miseria e dei lutti provocati dalla guerra, cadde nell'oblio. È stata riproposta nel 2001, in un clima teso alla valorizzazione delle antiche maschere sarde e allo spiccato interesse scientifico e antropologico verso la maschera di Lula. La cerimonia rappresenta la passione della vittima sacrificale, come in tutti i carnevali dell'interno della Sardegna. La figura principale di «su Batiledhu» è seguita da altri Battileddos, uomini vestiti da vedove in lutto, con il volto dipinto di nero, che avanzano intonando il lamento funebre e portando con sé bambole di pezza, che fanno baciare agli spettatori. In questo piccolo centro barbaricino si sono conservati fino agli anni Trenta gli aspetti più arcaici e più crudi di quello che doveva essere il supplizio della vittima in tempi lontani.







 

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